L’altra sera ero a cena da una cugina a part-time. La madre ha un negozio sfitto e mi chiede se non sarebbe il caso di farle aprire un bar. Parlo del rischio dei business tradizionali di questi tempi e rilancio con un negozio bio e vegano.
Mi risponde allargando le braccia con l’aria di chi pensa che interessi a pochi. E non ha nemmeno tutti i torti, se pensi offline e local…
Ma per deformazione professionale io penso al business online. Allora chiedo al mio Keyword Planner.
11000 ricerche giornaliere per un business online non sono male, vero?
Poi penso ad un’altra storia: un mio amico la scorsa estate mi ha fatto mangiare torta di api e cavallette fritte, parlandomi degli insetti come alimentazione alternativa.
Non ridere. Già nel 2008 la FAO presentò uno studio in cui si invitavano le popolazioni più povere a considerare gli insetti commestibili una valida alternativa alla carne con valore nutrizionale e proteico equivalente, pratica peraltro condivisa già oggi da 2 miliardi di persone nei paesi africani e orientali. La carne è destinata a diventare un lusso e il suo prezzo diventerà inavvicinabile per molti. Per produrne un solo chilo occorrono in media 13 chili di mangime e 9 di petrolio (allevamento, trasporto, macellazione, lavorazione) oltre a 15mila litri di acqua (abbeverare, produrre il mangime, lavare stalle e mattatoi). Il ciclo delle attività necessarie per produrre un chilo di carne genera inoltre 514 litri di gas metano e 27 chili di CO2 che si disperdono nell’atmosfera.
La futurologa alimentare Morgaine Gaye, dell’università di Wageningen in Olanda, sostiene che occorra superare la barriera del disgusto e pensare agli insetti, presenti al mondo in 1400 specie commestibili, come mini-bestiame da allevare proprio come oggi si fa con mucche, ovini e maiali, ma con costi economici e ambientali ridotti al minimo.
Considerata la progressiva inconciliabilità tra risorse alimentari disponibili e crescita demografica, ci stiamo quindi avviando verso una nuova cultura alimentare orientata al consumo di formiche, cicale, scarafaggi, locuste e vermi?
Il tema ovviamente è finito all’Expo. Più per tastare il terreno in vista di una introduzione graduale degli insetti nell’alimentazione dei popoli occidentali o solamente per fare colore?
Il mio amico ha un grande giardino e sta già allevando qualche cavia ma, dopo l’entusiasmo iniziale, non sembra convinto: dice che un pò la cultura, un pò l’ignoranza (è la stessa cosa?), un pò i costi alti alla produzione, i divieti legali, insomma anche no.
Ma per deformazione professionale… avete indovinato, io penso al business online. Non mi interessa una cippa dell’offerta (vabbè, fino a un certo punto dài) ma solo la domanda. E allora chiedo al mio Keyword Planner:
Meno di una persona al giorno sta cercando. Magari avrò sbagliato le keyword, magari è l’Italia (se consideri l’inglese fa qualche centinaio al giorno), cmq è un segnale.
Qual è la morale di questa storia?
Pensa al business online o a quello offline, pensa a quello che vuoi ma – prima di tuffarti – prendi sempre le misure alla piscina che hai sotto. Rischi di farti male…
Autore: Johnny T. è sviluppatore full-stack, seo, copywriter e specialista in marketing web. In aggiunta a creare interfacce user-friendly come spediamo.it e smartfix.it ed a lanciare progetti come la segretaria virtuale, Johnny si diverte a leggere libri eccezionali e a pensare di avere ancora del tempo libero. Contattalo su LinkedIn.
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